«Quella persona ragiona con la pancia». «Mi si torcono le budella». «Ho le farfalle nello stomaco». Quante volte avete sentito (o usato) queste espressioni?
Non sono solo modi di dire: la nostra pancia pensa, ragiona, elabora.
Ci racconta cose molto importanti di noi. E, soprattutto, ci trasferisce le nostre più intime emozioni, come gioia, rabbia, disagio, frustrazione, paura o solitudine. Quando queste emozioni diventano eccessive, il nostro corpo si ammala. E arrivano le somatizzazioni.
CHE COSA DICE LA SCIENZA
- Il collegamento tra cervello e intestino è scientificamente documentato: nella parete intestinale si trova infatti il 90% della serotonina, il neurotrasmettitore che regola il nostro buonumore. Il restante 10% è nel cervello. Niente male, per un organo spesso sottovalutato.
Il sistema nervoso dell’area centrale del nostro corpo serve a governare le funzioni fondamentali dell’apparato digerente ed è collegato al cervello dal nervo vago. Fin qui è biologia.
L’intestino però ha anche una memoria: si ritiene, per esempio, che sia in grado di ricordare utilizzando le stesse sostanze chimiche (serotonina, dopamina, sostanze oppiacee e antidolorifiche) impiegate nel cervello. Insomma, intestino e cervello sono due centraline che pensano e funzionano autonomamente. E che si influenzano a vicenda.
UNA STORIA MILLENARIA
Tutti i medici del lontano passato ascoltavano con grande attenzione i segnali della pancia. In molti antichi trattati, un buon rimedio per ogni malanno consisteva nel pulire l’intestino periodicamente.
Obiettivo? Liberarlo dalle scorie e dalla “fatica”. Molta acqua è passata sotto i ponti, e oggi, sempre di più, la medicina moderna riconosce la componente emotiva che grava sul nostro secondo cervello.
BISOGNA AVERE ORECCHIO
II nostro “orecchio” enterico non mente. Se sfamo in grado di ascoltarlo, infatti, ci trasmette molto di più della sensazione di avere fame oppure “male alla pancia”. Può raccontarci se il contesto in cui ci troviamo non ci piace: il lavoro, la famiglia o l’amore, per esempio. E Io fa a modo suo: con il dolore, con la nausea oppure con la diarrea. A volte si dice «mi sembra di avere una mano che mi strizza le budella».
- È un segnale che qualcosa nella nostra vita non va. Dare ascolto alla pancia, insomma, è un modo per capire quello che il nostro primo cervello non sempre sa esprimere.
TUTTE LE STRATEGIE
Il primo passo è interpretare questo segnale fisico. «Il secondo è affrontare il disagio e chiedersi: che cosa posso fare per cambiare la situazione?
Per esempio, cominciare ad amare noi stessi», dice Sara Ferraris, psicologa a Milano. Le strategie per stare bene sono molte, e alcune davvero semplici. Proviamo a elencarle.
- Costruite una sorta di “gioiagenda”. Riconoscete che siete amabili e altruisti, che potete farcela e che meritate il massimo.
- Impegnatevi a fare una lista di progetti che non vedete l’ora di realizzare.
- Fate un elenco di piccole cose che vi mettono di buon umore.
- Disegnate su un foglio dei palloncini e scrivete all’interno tutte le cose di cui vorreste liberarvi.
- Uscite di casa, chiudete gli occhi e lasciate che i palloncini volino via.
«Se abbiamo disturbi psicosomatici, come mal di testa, mal di pancia o vertigini, il nostro corpo ci sta dicendo che forse ci siamo allontanati dai nostri bisogni e desideri più autentici», spiega Ferraris. È il momento di ripensare dunque alle proprie priorità: «Per esempio, facendo le cose che piacciono davvero, ritrovando gratificazioni e dicendo un bel “no”, quando proprio non vogliamo fare qualcosa», conclude.
E se non basta? È possibile associare tecniche di rilassamento, un corso di mindfulness (parola inglese che significa consapevolezza) e, se serve aiuto, ricorrere a uno psicoterapeuta. Quando il vostro intestino vi parla, insomma, mettete in atto nuove strategie. Funzionerà.
Fonte: un articolo di Monica Zucchinali, tratto da Sano & Leggero (Mela Rossa), maggio 2019
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