«Mi occupo di Nutrizione ormai da 15 anni. Conosco il disagio sofferto dalle persone con problemi di peso, dal momento che io stessa in un periodo della mia vita ho sfiorato l’obesità.
Mi piace puntualizzarlo perché l’aver avuto un’esperienza simile condiziona il modo in cui mi rapporto ai miei pazienti.
Ma non ho studiato Nutrizione per risolvere i miei problemi di peso. Quando mi sono iscritta alla Facoltà di Nutrizione Umana avevo già una laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca e avevo da tempo risolto i miei problemi di sovrappeso grazie ad una regolare ed appassionata attività fisica.
Ho continuato a studiare con passione, arrivando due anni fa a laurearmi in Medicina e Chirurgia».
A parlare è la Dottoressa Roberta Martinoli, da noi interpellata per dare qualche utile consiglio alle amiche/amici del blog.
La Dottoressa Martinoli è stata di una gentilezza e disponibilità unica, e l’intervista – pur essendo un po’ lunga – è molto interessante, leggila fino in fondo. Contiene tantissimi consigli utili…
La prima colazione è uno dei pasti più importanti, eppure, gli italiani continuano a trascurarlo. Quali consigli può dare in merito?
La prima colazione è senza dubbio il pasto più importante della giornata. Volendo dare un’indicazione di massima il 40% dell’apporto calorico giornaliero dovrebbe essere consumato a colazione, il 35% a pranzo e in ultimo il 25% a cena.
Al mattino, a seguito del digiuno notturno, ogni individuo sano si trova in uno stato di ipoglicemia. Mentre nel sangue scarseggiano gli zuccheri aumenta il rilascio del cortisolo, ormone prodotto a livello delle ghiandole surrenali.
Ci riusciva grazie all’azione del cortisolo da tutti noto come ormone dello stress. Di fatto il cortisolo a digiuno aumenta la glicemia incrementando la gluconeogenesi epatica (per conversione di un amminoacido, l’alanina, in glucosio), stimolando la secrezione di glucagone e riducendo l’attività dei recettori insulinici.
Grazie a questa minima scorta di zuccheri e all’attivazione del sistema nervoso simpatico, l’uomo primitivo era in grado di andare a caccia di qualcosa da mangiare. E qualora avesse trovato poco o niente, l’intero organismo avrebbe ricevuto un segnale di prudenza e di rallentamento metabolico: in altri termini avrebbe cominciato a consumare meno energia per tutto il resto della giornata.
Numerosi sono gli studi che testimoniamo l’importanza della prima colazione nei bambini. Tra i tanti voglio citare il lavoro[1] di Gail C. Rampersaud et al. pubblicato nel 2005 sulla rivista Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics.
Gli Autori prendono in esame ben 47 pubblicazioni in cui si parla di prima colazione, stato nutrizionale e rendimento scolastico nella popolazione pediatrica. Si arriva alla conclusione che i bimbi che fanno una colazione adeguata sono più magri e vanno meglio a scuola rispetto a coloro che non la fanno.
Il messaggio per tutti quanti è quello di prendersi un po’ di tempo in più e concedersi una sana colazione a base di latte o yoghurt, frutta fresca, frutta secca, cereali integrali!
Quali sono i segreti di un’alimentazione corretta?
Un’alimentazione corretta deve essere in primo luogo equilibrata, cioè deve fornire un apporto adeguato di energia e di nutrienti prevenendo in tal modo sia carenze che eccessi nutrizionali. Quando si parla di alimentazione corretta non posso fare a meno di pensare al modello fornito dalla Dieta Mediterranea, proclamata patrimonio culturale immateriale dell’Unesco nel 2010.
Ispirata ai modelli alimentari tradizionale dei paesi del bacino del Mediterraneo, si basa sul consumo prevalente di frutta e verdura fresca, cereali integrali, legumi, olio extravergine di oliva e pesce.
Grazie alla sua composizione la Dieta Mediterranea garantisce il pieno di antiossidanti (per inciso lo stress ossidativo è alla base delle patologie cronico-degenerative e dell’invecchiamento) e consente di limitare gli eccessi calorici favorendo il buon funzionamento dell’organismo.
Per concludere un’alimentazione corretta è quella che si ispira al modello della Dieta Mediterranea limitando il più possibile il consumo di zuccheri semplici, di cibi industriali e di grassi animali.
È vero che la pasta fa ingrassare?
La pasta alimentare, i cui unici ingredienti sono semola e semolati di grano duro e acqua, fornisce mediamente 360 kcal per 100 grammi. Sono tanti coloro che si astengono dal consumarla ritenendola causa dell’aumento del peso.
Ad influenzare apporti calorici e valori nutrizionali della pasta contribuiscono ovviamente i vari condimenti. Io consiglio ai miei pazienti di prediligere i condimenti a base di verdura e di preferire la pasta integrale a quella ottenuta da farine raffinate.
Questi suggerimenti hanno a che fare con l’indice glicemico cioè con la capacità di un dato alimento di alzare la glicemia. Così le fibre della farina integrale e quelle contenute nelle verdure avrebbero la capacità di ridurre l’indice glicemico. Al minor indice glicemico corrisponde il minor rilascio dell’insulina nel dopo pasto e ciò avrebbe un effetto favorevole nel controllo del peso corporeo.
Questi semplici accorgimenti ci consentono di fare pace con questo importante alimento, anche perché secondo i nuovi LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) il 55-60% del fabbisogno calorico giornaliero deve provenire dai carboidrati.
Stiamo andando incontro al freddo, quali sono a suo avviso gli alimenti più adatti in questa stagione?
Mentre i nostri antenati consumavano più energie in inverno per poter mantenere stabile la temperatura corporea, per noi non vale la stessa cosa. Passiamo i mesi invernali protetti da abiti pesanti quando siamo all’aperto e in ambienti riscaldati quando siamo al coperto.
Per questa ragione tra gli alimenti particolarmente adatti al periodo invernale non vi sono quelli ad elevata densità calorica come poteva essere per i nostri antenati.
Utile è invece consumare frutta e verdura di stagione.
Tra la frutta non dovrebbero mancare arance e kiwi, ricchi di vitamina C e in grado di potenziare le difese immunitarie e di contrastare l’azione dei radicali liberi. Tra le verdure i cavoli e le brassicacee in generale, tutte ricche di vitamine (A, B1, B2, B9 e C) e di preziosi minerali quali fosforo, calcio, ferro, potassio e magnesio.
Quanti sono importanti gli antiossidanti per il nostro corpo? E se lo sono, in quali alimenti li troviamo più facilmente?
Gli antiossidanti sono molecole in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi. Prodotti di scarto del nostro metabolismo ossidativo, i radicali liberi se non opportunamente neutralizzati tendono a danneggiare tre componenti cellulari: i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici.
È questo l’incipit di molte patologie cronico-degenerative. Le nostre cellule sono naturalmente dotate di molecole in grado di combattere lo stress ossidativo: sono i radical scavengers (scova rifiuti) ovvero la glutatione-perossidasi e la superossido-dismutasi.
Per quanto dotati di questi sistemi, tutti noi dobbiamo fare il carico di antiossidanti con l’alimentazione.
Il potere antiossidante di ciascun alimento viene misurato in unità ORAC. Il test ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity) consente di valutare l’azione antiossidante di alimenti e integratori misurandone la capacità di inibire la degradazione ossidativa di una molecola fluorescente in presenza di specie reattive dell’ossigeno. Per contrastare i danni ossidativi si consiglia di assumere almeno 2000 Unità Orac/die.
Lo stress ossidativo non contrastato è in grado promuove l’insorgenza di patologie cronico-degenerative e tumorali. Così ad esempio la formazione delle placche aterosclerotiche prende avvio dalla stria lipidica (un deposito di colesterolo a livello delle arterie) ma progredisce solo quando l’LDL-colesterolo viene ossidato.
Per chi volesse approfondire l’efficienza dei propri sistemi antiossidanti e valutare il potere antiossidante della propria alimentazione, esistono oggi due test, il FORT e il FORD. Il primo misura il livello di stress ossidativo, il secondo le difese antiossidanti.
La condizione ideale? UN FORT basso e un FORD alto!
Qual è l’alimento che non dovrebbe mai mancare nella dieta di una donna?
Le donne hanno rispetto agli uomini una maggiore fragilità delle strutture osteo-articolari. Sono in molte quelle che dopo l’entrata in menopausa soffrono di osteopenia o di osteoporosi.
L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una riduzione della massa ossea e dalla compromissione della micro-architettura scheletrica tali da predisporre a un aumentato rischio di frattura. Al fine di prevenire il processo di demineralizzazione ossea si raccomanda un’assunzione giornaliera di Calcio (Ca) pari a 1000 mg/die nelle donne dai 18 ai 59 anni e ai 1200 mg/die dai 60 anni in poi.
Secondo un’indagine condotta nel 2005-2006 il gruppo “Latte e derivati” rappresenta la principale fonte di Ca nella dieta italiana. Formaggi, latte e bevande a base di latte forniscono il 57% di Ca assunto con la dieta.
Altre fonti importanti sono rappresentate dai gruppi “Cereali e derivati”, “Verdura e ortaggi” e “Acqua e bevande non alcoliche” che ne forniscono il 9-10% ciascuno. In ultimo i gruppi “Frutta”, “Carne e derivati” e “Pesce e prodotti della pesca” forniscono assieme circa il 10% del Ca presente nella dieta (dati INRAN-SCAI).
Come sempre si tratta di cercare il giusto equilibrio. Del resto è noto che una dieta in cui prevale il consumo di carne, formaggi e cereali ha un grande potere acidificante e che l’acidosi porta ad una più precoce demineralizzazione ossea.
Le verdure invece oltre che a contrastare l’acidità forniscono discrete quantità di Ca. In uno studio condotto nel 1990 e pubblicato sulla prestigiosa rivista American Journal of Clinical Nutrition gli autori dimostrano che il calcio contenuto nelle brassicacee viene assorbito in percentuali maggiori rispetto a quello contenuto nel latte.
In conclusione pur non volendo sconsigliare il consumo di latte e latticini, la categoria alimentare che non dovrebbe mancare nella dieta delle donne è la verdura!
Il magnesio aiuta veramente le donne a superare meglio i problemi legati al ciclo?
La sindrome premestruale (PMS, Pre Mestrual Syndrome) è un insieme di disturbi fisici e psichici che compaiono durante la fase luteinica con grande compromissione della qualità di vita. Sono state identificate 4 forme di PMS:
Sembra che le donne che soffrono di PMS seguano diete che sono percentualmente più ricche in zuccheri raffinati, in sodio e in prodotti lattiero-caseari mentre sono carenti in magnesio, ferro e zinco.
Il magnesio (Mg2+) è un cofattore di numerosi enzimi coinvolti nel metabolismo glucidico e nella sintesi di ATP, la moneta di scambio dell’energia a livello cellulare. Le chinasi, enzimi che catalizzano il trasferimento di un gruppo fosforico dall’ATP a un accettore, richiedono Mg2+ per l’espressione della loro attività catalitica.
Inoltre il Mg2+ è coinvolto nella sintesi della serotonina, un’endorfina che svolge azione analgesica, antidepressiva e stabilizzante del tono dell’umore.
Questo prezioso ione stimola le funzioni neuromuscolari tanto che una sua carenza produce tensione muscolare e crampi. La dose giornaliera raccomandata è di circa 400 mg/die. Buone fonti di magnesio sono i vegetali a foglie verdi (il magnesio è un costituente della clorofilla), i cereali integrali e la frutta secca mentre carne, pesce e latte ne forniscono in minor quantità.
Il desiderio impulsivo per il cioccolato (chocolate craving) sperimentato da molte donne in fase premestruale sarebbe giustificato proprio dall’elevato contenuto in Mg2+ di questo alimento. Purtroppo il 50% in peso di una barretta di buon cioccolato fondente è fatto da zuccheri, per questo dovremmo comunque limitarne il consumo.
Uno studio condotto nel 1995 ha dimostrato che su 192 donne che assumevano 400 mg al dì di Mg2+ e 50 mg di vitamina B6 (quest’ultima avrebbe il ruolo di favorire l’assorbimento del Mg2+) il 95% sperimentò una riduzione dei dolori al seno, l’89% riferì un miglioramento dello stato emotivo; il 43% andò incontro ad una riduzione degli episodi di emicrania[2].
In conclusione, che esista una relazione tra carenza di Mg2+ e PMS è ormai universalmente riconosciuto anche se non sappiamo dare una spiegazione chiara di questo fenomeno. Una dieta che lasci ampio spazio al consumo di verdura ci protegge da eventuali carenze.
Per le donne che soffrono di PMS potrebbe essere utile un’integrazione a base di Mg2+ e vitamina B6 a partire dalla fase luteinica del ciclo mestruale.
In chiusura di questa lunga intervista, a cosa sta lavorando in questo periodo?
Credo molto nella prevenzione primaria, cioè in quell’insieme di pratiche che hanno a che fare con l’alimentazione e con lo stile di vita e il cui scopo è quello di evitare che la malattia insorga.
La salute però non è solo assenza di malattia ma rappresenta “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” (OMS). Di fronte ad un obiettivo così ambizioso come quello della salute e in qualità di terapeuta ho sentito forte il bisogno di dotarmi di altri strumenti di cura e ho iniziato da circa un anno a studiare la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI).
I tre sistemi sono in grado di influenzarsi a vicenda attraverso il rilascio di neurotrasmettitori, ormoni e citochine. Non possiamo pensare di essere sani nel fisico se ci imponiamo ritmi stressanti: la mente stressata crea malattia!
Non possiamo pensare che la nostra mente sia sana se il nostro corpo è infiammato: la depressione è essa stessa una malattia infiammatoria! Capire queste connessioni è di grande aiuto nel mio lavoro: ora riesco ad essere più convincente quando invito i miei pazienti a cambiare stile di vita!
Sempre quest’anno ho intrapreso un percorso formativo in Omotossicologia. Definita da alcuni l’Omeopatia del 2000, l’Omotossicologia si fonda sulla moderna Fisiopatologia ma si avvale di rimedi preparati secondo i canoni della farmacopea omeopatica.
In altri termini mentre la diagnosi si fa secondo quanto ci è stato insegnato alla Facoltà di Medicina, in fase di cura ci si avvale di farmaci omeopatici complessi in diluizione decimale o centesimale e di altri rimedi messi a punto dalla mente geniale di Hans-Heinrich Reckeweg.
Sono entusiasta dei percorsi intrapresi perché mi aiutano ad essere un medico migliore. La mia speranza è che si comprenda sempre più, anche a livello istituzionale, l’importanza della prevenzione.
Il mio contributo sarà quello di aiutare a vivere in salute tutti i pazienti che avrò la fortuna di assistere.
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La Dottoressa Roberta Martinoli è sposata ed ha due bimbi. È una donna molto attiva: le piace sempre tanto studiare e fare sport, e svolge con passione la sua professione.
Noi tutti di “Bellezza & Benessere” la ringraziamo per la totale e completa disponibilità che ci ha concesso. In questa lunga intervista è stata gentile ed esauriente. Siamo certi che vi avrai trovato molte informazioni utili.
Per contattare la Dottoressa Martinoli:
Queste sono le due ricerche citate dalla Dottoressa Martinoli nella sua intervista:
[1] Breakfast Habits, Nutritional Status, Body Weight and Academic Performance in Children and Adolescents.
[2] Werbach M, Premestrual syndrome: magnesium. Townsend Leter for Doctors, June 1995, p. 26.
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