Ustioni della cornea e malattie gravi degli occhi possono guarire con l’uso di queste cellule.
Digitate la parola «staminali» sul web e otterrete 2 milioni di risultati, il che rende bene le aspettative nate intorno a questo tipo di cellule, capaci di dare vita a tutti i tessuti dell’organismo (le cosiddette cellule bambine, non ancora specializzate).
- Finora, però, i casi in cui le staminali sono entrate a far parte della pratica clinica sono pochi: oggi servono per curare tumori del sangue, anemie congenite, malattie della pelle e degli occhi. II resto appartiene al campo delle sperimentazioni (o dell’aneddotica, che in scienza ha scarso peso).
Il recupero della vista con staminali è uno dei settori più avanzati. «Le utilizziamo nelle ustioni della cornea, piuttosto comuni: succede agli idraulici con i liquidi per sturare i lavandini, ai muratori che usano calce viva, ai bambini che giocano nei cantieri, alle donne assalite con l’acido muriatico» dice Paolo Rama, primario dell’Unità operativa di oculistica all’ospedale San Raffaele di Milano.
Si parte da un pezzettino di epitelio della cornea prelevato dall’occhio sano (quando uno dei due non è stato colpito) e lo si amplifica in modo da ricavare le cellule staminali, congelate e poi scongelate al momento dell’intervento. «Nella maggior parte dei casi le staminali rigenerano la cornea. Ed è fantastico come si sia riusciti a standardizzare una procedura di assoluta avanguardia» aggiunge Rama.
- E quando entrambi gli occhi sono coinvolti, o colpiti da una malattia congenita? In questo caso la cornea del paziente non è più una sorgente di staminali, l’alternativa allora potrebbe essere prelevarle da altre sedi, dalla mucosa della bocca o dalla pelle; o ricorrere a un altro tipo di staminali, quelle riprogrammate (ossia cellule adulte ritrasformate in bambine).
Si tratta per ora di tentativi, precisa Rama. Solo il futuro dirà se è una strada percorribile.
Fonte: un articolo di Daniela Mattaglia su Panorama, 16/10/16