Memoria: come invecchia e cosa ne favorisce la perdita…

La memoria è una funzione fondamentale della mente, è la capacità di un organismo di conservare tracce della propria esperienza, riprodurla e di servirsene per relazionarsi con il mondo e gli eventi futuri.

Senza la memoria le funzioni psichiche superiori come la percezione, il riconoscimento, la pianificazione, la soluzione di problemi non potrebbero operare con successo.

Esiste un aspetto che si potrebbe definire “innato”, per il quale le strutture dipendono dal Dna, ma è dimostrata anche un’influenza acquisita: l’esperienza personale, lo stile di vita ed i fattori ambientali determinano le capacità di conservare la memoria.

Non esistono delle zone del cervello dove vengono memorizzati singoli dati, come nel disco fisso di un computer, ogni informazione è ripartita attraverso un complesso di cellule della memoria, unite tra loro da reti, vie di comunicazione tanto più efficienti quante più sono le ‘strade’, principali e secondarie, che sono state costruite: è detta riserva cognitiva e rappresenta un tesoro che abbiamo messo in banca in gioventù, ma che può essere aumentato grazie soprattutto all’alimentazione, all’attività fisica ed agli esercizi cognitivi (letture, attività manuali, relazioni sociali).

Per la memoria a breve termine nel cervello avvengono modifiche di proteine già esistenti, mentre per utilizzare la memoria a lungo termine avverrà la produzione di nuove proteine e ci saranno cambiamenti strutturali stabili, cioè si creeranno nuove vie di comunicazione tra le cellule cerebrali.

Il passaggio dalla memoria a breve a quella a lungo termine è favorito dal significato dell’oggetto da memorizzare, dunque alcuni fattori, anche emotivi, possono favorirlo. L’attenzione, ad esempio, è certo influenzata dall’interesse nei confronti delle informazioni, le motivazioni stimolano la concentrazione, le capacità immagazzinate favoriranno l’abilità nell’associare le nuove informazioni alle conoscenze già acquisite, gli esercizi di memorizzazione alleneranno il cervello ad organizzare le nuove competenze, velocizzando il processo di ‘recupero’.

La memoria ci permette di costruire la nostra personalità, un’identità propria, integrando gli episodi della nostra storia personale. A tutti capita di dimenticare un numero di telefono, i nomi propri di conoscenti, alcuni fatti recenti o dove si sono appoggiate le chiavi, ma questo non significa avere un problema di memoria.

Gli specialisti avvertono che cambiamenti di personalità, del comportamento, disturbi della memoria, del linguaggio o della capacità di compiere gesti quotidiani (vestirsi, orientarsi) devono portare a rivolgersi al medico per l’esecuzione di controlli che consentano di escludere una diagnosi di deterioramento cognitivo, o ricercare cause potenzialmente reversibili (anemia, deficit di vitamine, disfunzioni della tiroide, depressione e disturbi della sfera emotiva) che provocano un impoverimento della qualità della vita.

Cosa può favorire la perdita della memoria?

Le malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete, obesità ed il fumo rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di tali disturbi. La depressione cronica è un fattore di rischio e va trattata con i farmaci oltre alla psicoterapia.

Il fattore di rischio maggiore sembra essere l’inattività fisica: la sedentarietà è ormai universalmente riconosciuta causa di molte patologie, non solo cardiovascolari e metaboliche, ma anche cognitive.

Questo perché per vivere a lungo è necessaria la produzione di particolari proteine che vengono stimolate dalla restrizione calorica, quindi mangiando meno, e con l’attività fisica. Anche le sostanze contenute nel vino rosso (resveratrolo) attivano la produzione di queste proteine, ma l’uso deve essere moderato per il fatto che l’alcool danneggia i neuroni e le cellule cerebrali.

Curare l’alimentazione, ricca di omega 3 e antiossidanti, sviluppa le ‘riserve di memoria’: la dieta mediterranea rimane la più indicata!

Un premio Nobel ha recentemente dato buone notizie: ogni colloquio che viene fatto fa aumentare il numero dei neuroni, dunque la promozione della socialità e dello svago hanno comunque un effetto benefico sul cervello, proprio come altre attività quali la lettura, lo studio di nuove lingue o imparare a suonare uno strumento.

Fonte: un articolo della dott.ssa Dominga Salerno, geriatra, su VerdEtà Cna Pensionati, dicembre 2018

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