L’efficacia della musica e del suono, dipenderebbe dal fatto che genera onde acustiche in grado di entrare in risonanza con la materia, organismo umano compreso. Il corpo umano funziona come una grande cassa armonica, dentro la quale penetrano e si espandono le onde sonore.
- Secondo la tesi di uno dei pionieri americani della musicoterapica, Don Campbell, nonché autore del libro “Effetto Mozart”, ascoltare i valzer e i notturni di Chopin stimola ad “aprirsi” verso l’esterno e quindi, combatte la depressione.
La musicoterapica viene definita una disciplina con un approccio olistico, perché si occupa dell’individuo nella sua unità mente-corpo.
Secondo questa filosofia, l’ascolto e la produzione di musica possono aiutare una persona ad acquisire maggiore consapevolezza di sé, ad uscire da una situazione d’apatia e depressione, ma anche a moderare l’aggressività e, di conseguenza, a migliorare la comunicazione con gli altri.
- La terapia musicale dà buoni risultati anche nella cura dell’autismo e, nello stesso modo, può aiutare i bambini disabili a migliorare i rapporti con il mondo “normale”. Sono incoraggiati anche gli effetti della terapia sugli anziani con Alzheimer.
Infatti, fare e ascoltare musica migliora l’umore e aiuta a mantenere le capacità cognitive, rallentando gli effetti devastanti della malattia sulla memoria.
Disciplina giovane, in Italia è approdata solo negli anni ’70. Esiste una Federazione Italiana Musicoterapeuti che raggruppa molti professionisti italiani che operano nel settore.
Info tratte da un vecchio ma sempre utile (e bellissimo) articolo di Fiorenza Auriemma su BeneFit di qualche anno fa.