La scienza lo conferma: le parole sono potenti attivatori di speranza!

I greci, nel mito di Pandora, immaginarono che Elpis (personificazione della speranza) rimanesse, unica divinità, come riparo consolatorio per gli uomini, dopo che si erano dispersi tutti i mali contenuti nel vaso della fanciulla.

Ebbene, i ricercatori ritengono che l’ultima dea agisca come una terapia per i pazienti. Anche quando il medico racconta la verità su una diagnosi dura da ascoltare.

  • «Tutti noi speriamo in qualcosa, ma il malato spera più di ogni altro», scrive nel suo ultimo libro, La speranza come un farmaco (Mondadori), Fabrizio Benedetti, professore di neuroscienze e fisiologia all’Università di Torino.
  • «E sono le parole il mezzo più importante per infondere speranza: parole empatiche, di conforto, fiducia, motivazione. Oggi la scienza ci dice che le parole sono potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello, e questi bersagli sono gli stessi dei farmaci che la medicina usa nella routine clinica. Le parole innescano gli stessi meccanismi dei farmaci, e in questo modo si trasformano da suoni e simboli astratti in vere e proprie armi che modificano il cervello e il corpo di chi soffre. È questo il concetto chiave che sta emergendo, e recenti scoperte lo dimostrano: le parole attivano le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina e l’aspirina».

 

Fonte: un bellissimo articolo di Eliana Liotta, giornalista e scrittrice, tratto da Io Donna, 30 giugno 2018




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