Ma si può davvero guarire con le erbe?
Ciro Vestita, medico dietologo, docente all’Università di Pisa, ha da poco pubblicato un libro – Guarire con le erbe, scritto in collaborazione con Federica Alaura e Irene Gelli, editore Rizzoli – che non esita a mettere in discussione certe tendenze della medicina d’oggi, fin dal sottotitolo: tutto quello che l’industria del farmaco non vuole farvi sapere.
Dunque, non dobbiamo pensare a piccole cose. Qual è il potenziale curativo delle piante?
«Enorme. Tanto che ogni dieci farmaci sul mercato, almeno cinque sono di derivazione vegetale. Agli scettici faccio sempre l’esempio di quella spia che nel 1978 fu eliminata a Londra dal Kgb russo con una piccola puntura, inflitta dietro il ginocchio con un ombrello: l’estremità era intinta di ricina, una sostanza che deriva dalla pianta del ricino. Quell’uomo morì in poco tempo fra sofferenze atroci».
D’accordo per i veleni, ma in termini curativi?
Quando si è avvicinato alla fitoterapia?
Posso dire da bambino. Vivevo a Grottaglie, in Puglia, ho cominciato lì a conoscere le piante. Mio nonno era medico di campagna e già allora non amava le medicine industriali. Mi diceva sempre di seguire tre regole: mai dietro un mulo, perché può scalciare; mai davanti un cannone, perché può sparare; lontano dai dottori, perché c’è un mercimonio inimmaginabile».
Ma le piante non possono curare tutto…
«Naturalmente no e molti farmaci convenzionali sono fondamentali. Ma ci sono patologie che potremmo definire commerciali, come la blanda ipertensione, il blando diabete, la leggera osteoporosi. Prenda il colesterolo, sono più le persone che ci campano, di quelle che ne muoiono. Quando mi sono laureato, nel 1976, i valori accettati erano a 260, poi sono scesi a 250, 240, oggi siamo a 200 e magari presto arriveremo a 180. In questo modo si allarga la platea delle persone da sottoporre a terapie e gli affari crescono, mentre il colesterolo è stato ampiamente decriminalizzato dalla ricerca».
Lei come si cura?
«Non uso mai farmaci. Certo, ho la fortuna di non dover affrontare patologie gravi. E vivo in campagna, in una specie di eremo: ho un bell’orto, coltivo il farro e bevo l’acqua della sorgente; mangio poco e molto di quel che mangio lo produco io stesso, senza chimica e lontano da sostanze inquinanti. Ma se sono nervoso e ho una gastrite, per dire, uso l’aloe e non certi farmaci pensati per curare forme ben più acute, come l’ulcera. Mangiando bene, certe patologie migliorano. È venuta da me una signora, pesava 80 chili, almeno venti più del dovuto, e lamentava mal di testa e dolori alle ginocchia. L’ho messa a dieta, le ho prescritto delle tisane ed è tornata da me dicendo che ero stato miracoloso. E che si stava disintossicando, le tisane depurano fegato e reni….
Lei vive in campagna ma chi abita in città e non ha orti, che può fare?
«Può riflettere sul fatto che oggi nelle città ci si ammala e si muore di smog. C’è una malattia poco conosciuta, in sigla Bcpo, Broncopneumopatia cronica ostruttiva, vuol dire che tu vivi in città e dopo quarant’anni cominci ad avere difficoltà respiratorie, con effetti anche sul cuore. Colpa delle polveri sottili. Allora io consiglio a tutti, almeno nel fine settimana, di andare nei boschi a passeggiare, invece di respirare aria riciclata in un centro commerciale. E magari di raccogliere un po’ di erbe selvatiche, il tarassaco, la borragine, le cicerbite, la cicoria selvatica… Sono sane, non costano nulla e nella parte bassa del frigo durano una settimana,
In fitoterapia può andar bene il fai da te?
«No, è pericoloso. Ma in Italia abbiamo una bella cosa: ogni Asl ha il suo medico specializzato in fitoterapia. Paghi un banale ticket e ricevi le indicazioni che servono».
Fonte: un bell’articolo di Lorenzo Guadagnucci, tratto da La Nazione, 26/02/17, con la consulenza del dottor Ciro Vestita
Fonte immagine: Pianta Fitoterapia Giardino – Foto gratis su Pixabay
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