Mal di testa, bruciori di stomaco, gonfiore dopo aver mangiato, sovrappeso, disturbi intestinali, stanchezza inspiegabile: ogni anno circa 8 milioni di italiani lamentano malesseri ipoteticamente legati al cibo e per confermarlo si sottopongono a esami non validati scientificamente, come Vega test, test citotossico, analisi del capello, test kinesiologici, biorisonanza, Pulse test e tanti altri.
«Circa l’80 per cento delle persone che si sottopongono ai test per le intolleranze alimentari lamenta problemi digestivi, – dice Gian Enrico Senna, responsabile del Servizio di Allergologia dell’Azienda ospedaliera di Verona e vice presidente Siaaic, – e automaticamente punta l’indice contro un cibo reputandolo la causa scatenante. Senza prendere invece in considerazione la soluzione più semplice e più logica, quella di un mal funzionamento del sistema digerente, che può sfociare, per esempio, in una gastrite o nella sindrome da colon irritabile.
Disturbi che possono magari peggiorare con l’ingestione di determinati alimenti, come pomodori o peperoni, i quali però non sono certo la causa primaria del male. Quindi, è del tutto scorretto parlare di intolleranza».
Ci sono intolleranze dovute all’assunzione di sostanze tossiche come i veleni dei funghi, a sostanze come l’istamina, presente in pomodori, tonno, aringhe, spinaci o formaggi, e quelle causate da difetti fisiologici come la mancanza di un enzima, la lattasi, che impedisce di digerire il latte. Un fenomeno, quest’ultimo, oggi molto comune e che può essere confermato da un semplice esame non invasivo, il Breath test (test del respiro), riconosciuto scientificamente.
«È curioso come l’intolleranza alimentare sembra essere diventata la madre di tutte le malattie, – sottolinea Senna. – In realtà questo è un campo in cui per adesso non ci sono certezze, vale a dire che di molti disturbi gastrointestinali si possono curare i sintomi, ma non risalire alla causa. Non dimentichiamo che mentre la diagnosi di allergia alimentare può essere formulata ricorrendo a test validati scientificamente, non è così per l’intolleranza, per la quale a tutt’oggi non esistono esami attendibili».
E i vari Vega test, Dria test, e via dicendo?
Non solo. Gli esperti mettono in guardia: se chi ha disturbi digestivi o intestinali, anziché affidarsi a un percorso diagnostico rigoroso, continua a sperimentare diete diverse a seconda delle risultanze dei test cui si sottopone, può finire per ritardare l’accertamento di un problema che potrebbe essere anche serio. In secondo luogo, escludere completamente certi cibi dalla dieta, senza che vi siano necessità particolari, può portare a carenze alimentari importanti.
Fonte: estratto da un bell’articolo di Paola Tiscornia su Intimità, 9/12/15
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