«L’invecchiamento della memoria può essere fisiologico o patologico – spiega Elio Scarpini, professore di neurologia all’Università di Milano, in forze all’Ospedale Maggiore Policlinico Irccs Ca’ Granda -.
- Consideriamo che il processo d’invecchiamento s’inserisce in un concetto più ampio di ciclo di vita: con il passare del tempo si ha un indebolimento inevitabile delle strutture organiche del corpo e del loro relativo funzionamento. Ciò coinvolge anche i neuroni che sono un po’ l’hard disk dei ricordi.
Nel caso di un invecchiamento sano questi cambiamenti sono fisiologici e garantiscono comunque una buona funzionalità cerebrale nella vita quotidiana – continua Scarpini -, nel caso di quello patologico, invece, si hanno dei processi neurodegenerativi che gradualmente riducono la funzionalità dei neuroni e del cervello».
- Tra questi due estremi si colloca la cosiddetta compromissione cognitiva lieve (Mci-Mild Cognitive Impairment). «Si tratta della fase in cui compaiono i primi deficit coinvolgenti uno o più domini cognitivi, senza una conclamata perdita della funzionalità, chiarisce Scarpini.
La memoria, però, non declina allo stesso modo in tutte le persone, perché dipende da fattori biologici, genetici, vascolari, metabolici o ambientali. Nella malattia di Alzheimer, ad esempio, questi fattori ci sono tutti.
Fonte: tratto da un bell’articolo di Barbara Bernardini su Nuovo Consumo, gennaio/febbraio 2016