Anche il corpo umano ha le sue isole. Si chiamano proprio così e sono cellule solitarie, distinguibili a gruppetti nel mare dei tessuti dei vari organi, proprio come isole di un arcipelago. Sebbene si notino appena al microscopio, spesso queste cellule solitarie hanno funzioni di importanza vitale. È il caso delle isole di Langerhans (dal nome dello scopritore), gruppetti di cellule allungate localizzate in mezzo al pancreas, ma che non producono enzimi digestivi.
L’insulina è l’ormone principe che ci fa vivere e crescere, essa svolge decine di funzioni mai la più importante e delicata è regolare il livello di zucchero nel sangue. Quando questo è eccessivo, l’insulina fa sì che venga rimosso e trasportato nei tessuti o trasformato in grasso. Una funzione delicatissima, la cui alterazione può causare addirittura la morte.
Lo sanno bene i diabetici di tutto il mondo che con l’insulina combattono giorno dopo giorno, e in particolare le persone affette dal diabete di tipo 1, detto Diabete Mellito Insulino Dipendente (IDDM). In queste persone le isole di Langerhans smettono improvvisamente di funzionare e l’insulina viene a mancare.
Le cause sono poco chiare, ma l’esordio è improvviso e in giovane età. Si sa che a distruggere le isole di Langerhans è una reazione anomala del proprio sistema immunitario, che può essere causata anche da un banale virus.
E la vita diventa difficile, costretto com’è un diabetico a controllare continuamente con stick e punture del dito il livello di zucchero circolante per poterlo correggere assumendo cibo o iniettando insulina. La gestione delle attività quotidiane, soprattutto nei giovani che vorrebbero essere “liberi” come i loro coetanei, richiede disciplina e uno sforzo che spesso non è facile da accettare.
Eppure uno spiraglio si è aperto per una cura totale e definitiva, essendo stato finalmente portato a termine in Italia il primo trapianto di isole pancreatiche presso l’Ospedale Niguarda di Milano. Si tratta del primo in Europa e ha permesso a un paziente di 41 anni di guarire dal diabete.
La tecnica utilizzata è stata messa a punto da Camillo Ricordi che dirige il centro Diabetes Research Institute (DRI) dell’Università di Miami dove già in passato sono stati seguiti i primi due casi mondiali. L’altra buona notizia è che il paziente non è a rischio rigetto.
Le isole pancreatiche, donate da una persona sana, vengono inglobate in un'”impalcatura biologica” che si unisce con il plasma del paziente in una sostanza gelatinosa aderente al tessuto che ricopre gli organi addominali: l’organismo assorbe gradualmente il gel lasciando le isole intatte.
Dunque un arcipelago che ha solo traslocato, ma che svolge la stessa funzione liberando il paziente per sempre dalla siringa di insulina. C’è da attendersi che nel prossimi 10 anni questi pazienti saranno sempre più numerosi e che, in un futuro non troppo lontano, il diabete di tipo 1 sarà una malattia sconfitta.
Fonte: un bell’articolo di Barbara Bernardini, fisiologa – tratto da Nuovo Consumo, ottobre 2019
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