L’omeopatia è una delle forme più conosciute e adottate della medicina naturale, definita anche “complementare”. È stata fondata agli inizi del XIX secolo dal medico tedesco C.F. Samuel Hahnemann che si basava sul principio secondo cui simula similibus curantur, letteralmente “i simili si curano con i simili“.
Una volta individuato, il “principio omeopatico” viene somministrato al malato in una quantità fortemente diluita e dinamizzata.
Pertanto, nell’omeopatia, così come è stata concepita da Hahnemann, la guarigione da un dato male si ottiene somministrando al paziente la sostanza in dose infinitesimale, estremamente piccola, mentre in quantità ponderate risulterebbe tossica.
Quello che piace, in particolare, dell’omeopatia e attira un numero crescente di persone è proprio io sguardo olistico, a tutto tondo, che essa utilizza, considerando il sintomo di un dato disturbo non in forma isolata, ma inserito all’interno della totalità dell’individuo.
Ma perché oggi c’è ancora scetticismo verso l’omopatia?
«Sarebbe opportuno che in Italia si chiarisse l’efficacia di tali sostanze anche a livello istituzionale. Per fare un confronto, in molti ospedali della Germania, da tanti anni e con ottimi risultati, si cura la depressione anche con l’iperico, un fitoterapico il cui uso, da noi, invece, è limitato. Alcuni disturbi d’ansia e depressione lievi sono notevolmente ridotti utilizzando la pianta dell’arnica montana in diluizione omeopatica», commenta Luisa Leonardi, naturopata.
Fonte: tratto da un bel servizio di Cristina Penco su Vero Salute febbraio 2018 – con la consulenza della dott.ssa Luisa Leonardi, naturopata
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