Sono in tanti a pensare che basti una passeggiata in riva al mare per fare il pieno di iodio. Ma quanto c’è di vero?
«Purtroppo molto poco, – risponde Elisa Verrua, endocrinologa e specialista in Malattie del Ricambio presso il Centro medico Santagostino di Milano. – L’acqua del mare è ricca di iodio, da cui evapora per ricadere sul suolo terrestre e ritornare al mare. Tuttavia, lo iodio presente nell’aria è scarsamente disponibile e influisce solo minimamente sul nostro fabbisogno quotidiano, perché la fonte principale di iodio è rappresentata dall’alimentazione. Eppure non è ancora sufficiente».
- Secondo una ricerca dell’Osservatorio nazionale per il monitoraggio dello iodoprofilassi (Osnami), il 29 per cento della popolazione mondiale è esposta alla carenza di iodio e in Italia il deficit riguarda il 12 per cento della popolazione. Sono soprattutto donne e bambini a essere esposti a questa carenza, con possibili ricadute sull’organismo e sul metabolismo, come ipotiroidismo, spossatezza e sensibilità al freddo.
Una carenza piuttosto strana per un Paese circondato dal mare! Come fare allora il pieno di questo prezioso nutriente?
«Una dieta equilibrata con 2 porzioni di pesce la settimana, latte tutti i giorni e 2-3 porzioni di formaggio la settimana garantisce in media solo il 50-60 per cento dell’apporto iodico raccomandato, che è di 150 microgrammi, – spiega l’esperta. – Una quantità che aumenta in gravidanza (il feto ha bisogno di iodio per sviluppare il sistema nervoso) e durante l’allattamento fino a 250-300 microgrammi. Ecco perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il nostro Ministero della Salute hanno disposto di integrare la carenza di iodio supplementando il normale sale da cucina: è infatti un alimento utilizzato da gran parte della popolazione in modo stabile. La raccomandazione è di usarlo a crudo per non disperdere con il calore lo iodio».
Grazie ai provvedimenti presi a livello nazionale, e grazie al lavoro dei medici del territorio, delle società scientifiche e delle associazioni dei pazienti, oggi lo stato nutrizionale iodico della popolazione è molto migliorato rispetto al passato. Se negli anni scorsi la iodoprofilassi è stata appannaggio quasi esclusivo degli endocrinologi, oggi è patrimonio anche di ginecologi, pediatri, medici di medicina generale e nutrizionisti.
Il sale iodato può essere usato da tutti in piccole quantità, perché l’impiego domestico controllato (corrispondente a 3-5 grammi al giorno) non va in conflitto con la raccomandazione di ridurre l’assunzione di sodio per proteggersi dagli effetti nocivi su cuore, reni e circolazione.
- «In tutti i soggetti normali, e quindi nella maggioranza degli individui, dosi di iodio anche superiori a quelle assunte con l’uso di sale arricchito di esso sono tendenzialmente prive di rischi, – sottolinea l’endocrinologa. – La tiroide possiede infatti un meccanismo naturale di adattamento, ma in ogni caso, particolare cautela si deve avere nell’utilizzo di alcuni integratori alimentari contenenti quantità molto elevate di iodio (solitamente a base di alghe), perché l’esposizione cronica a eccessive quantità di questo elemento potrebbe essere mal tollerati dall’organismo».
Fonte: estratto da un bel servizio di Paola Oriunno su Intimità, 15/08/18