Rimuovere i tatuaggi è possibile e i risultati, nella stragrande maggioranza dei casi, sono buoni.
Il trattamento, chiamato “tattoo-off”, prevede l’utilizzo del laser Q-switched, che emette impulsi molto potenti in unità di tempo piccolissime.
Grazie a questa caratteristica, il raggio “attacca” i pigmenti di cui il tatuaggio è costituito, ma non danneggia la cute. Eseguito il trattamento e frantumata la pigmentazione, entrano in campo i macrofagi, le cellule spazzine che smaltiscono i residui del tattoo in un paio di settimane.
Attenzione, però: non tutti i tatuaggi si possono cancellare.
Per esempio, sono destinati a rimanere per sempre quelli realizzati in bianco e giallo, in quanto almeno per ora il raggio laser non riesce a colpire la frequenza di questi colori. Tra le tinte problematiche c’è anche il rosso, mentre i toni scuri, come blu, nero e marrone, non presentano particolari difficoltà.
Un’altra variabile di cui tener conto è il tipo di sostanza utilizzata per realizzare il tatuaggio. A volte, infatti, non è possibile rimuovere il tattoo perché il materiale di partenza era inappropriato. E ancora: fa la differenza anche la capacità di chi a suo tempo ha eseguito il disegno.
- In generale, infatti, i tatuatori più bravi fanno tatuaggi più difficili da eliminare, perché sono riusciti a trasferire una maggiore quantità di pigmenti a un livello molto profondo.
Fonte: un articolo del professor Marco Klinger, Professore di Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica all’Università degli Studi di Milano e responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia plastica presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) – tratto da Più Sani Più Belli, novembre 2017