Il segreto del peperoncino si chiama capsaicina, la molecola che gli conferisce il gusto piccante per cui è universalmente conosciuto.
Agisce su canali sensoriali presenti in numerosi distretti del nostro corpo, chiamati recettori vanilloidi, provocandone un’apertura più o meno repentina (a seconda della concentrazione) e scatenando la caratteristica sensazione di bruciore.
Già da tempo la capsaicina viene utilizzata in medicina in pomate e cerotti transdermici che alleviano dolori, soprattutto articolari, e prurito.
- «Dopo la prima sensazione di bruciore, il canale vanilloide si desensibilizza e così non si sente più nulla, neanche il dolore pregresso», spiega Tracey Pirali, docente di chimica farmaceutica presso il dipartimento di scienze del farmaco dell’Università del Piemonte Orientale.
Assieme a questo sollievo, però, la capsaicina e alcuni suoi derivati possono provocare effetti collaterali. «Anzitutto, lo stesso bruciore iniziale è spesso mal tollerato», sottolinea Pirali. «In secondo luogo, la capsaicina a lungo andare non viene metabolizzata dalla pelle e può quindi provocare eritemi o altri danni cutanei, anche importanti».
Per superare queste criticità, i ricercatori di un team italo-spagnolo – dell’Università del Piemonte Orientale e dell’Università Miguel Hernández di Alicante – hanno modificato un derivato della capsaicina. «Abbiamo sintetizzato un nuovo composto chimico che non apre il canale vanilloide, ma semplicemente lo inattiva, evitando qualunque tipo di irritazione», chiarisce Pirali. «Inoltre, questa nuova molecola riesce a essere disattivata dagli enzimi cutanei nel giro di poche ore e quindi non provoca nessun tipo di reazione collaterale».
- Tra le patologie che potrebbero beneficiare della molecola «figlia» del peperoncino ci sarebbero dermatite atopica, rosacea e psoriasi. Finora la sperimentazione è stata condotta su modelli animali; saranno, quindi, necessari ulteriori studi prima di poterla realmente utilizzare su larga scala sull’uomo.
Fonte: estratto da un articolo di Lucia Panagini, tratto da Ok Salute e Benessere, dicembre 2018